“I lavori di quest’anno hanno evidenziato come il mercato oggetto delle indagini costituisca uno straordinario e unico caso nell’intero Impero per monumentalità e differenziazione delle aree di vendita, a seconda dei prodotti commercializzati – spiega Basso -. In effetti, gli scavi hanno portato alla luce un nuovo e finora ignoto edificio che faceva parte del complesso, posto a occidente dei due già individuati nel 1953-54 da Giovanni Brusin, in un terreno non indagato in quegli anni per la presenza di un vigneto allora in uso. Confermando le anomalie emerse con le prospezioni geofisiche condotte nel 2018, sono emerse una piazza ancora intatta nella sua pavimentazione in lastre in calcare di Aurisina, estesa per 26 metri in lunghezza e 6 in larghezza, e due serie di basi allineate ai lati, pertinenti ai pilastri dei portici che la attorniavano”.
Di grande interesse sono anche alcune tracce di vita quotidiana, che permettono di “popolare” i resti strutturali: si tratta di incassi regolari per giochi con pedine che si osservano sul cordolo laterale alla pavimentazione, a riprova che nella piazza e nelle botteghe e bancarelle correlate non solo si vendeva e comprava, ma anche si sostava e passava del tempo a giocare e chiacchierare con altri avventori e che dunque questi mercati erano luoghi di incontro e di socialità di centrale importanza urbana. Assieme alle altre due piazze in vista nell’area, questa nuova acquisizione attesta la vitalità dell’intero complesso di carattere commerciale, che, posto immediatamente a sud della basilica, costituiva il cuore pulsante della vita economica e sociale dell’Aquileia tardoantica. Vi si accedeva da nord e quindi appunto dall’area della basilica, ma anche dal fiume, come hanno mostrato le aperture sul più esterno dei due muri di cinta urbani portati alla luce già dal Brusin a sud delle stesse piazze e le rampe correlate a queste aperture individuate con gli scavi dell’Università di Verona nel 2018-19.
“Negli anni futuri – aggiunge l’archeologa – sarà importante continuare le indagini di scavo per accertare l’esistenza di un’ulteriore quarta piazza – già individuata dal Brusin, ma senza lasciarne adeguata documentazione – nel settore orientale del terreno e per verificare le relazioni fra tutte queste strutture, ricostruendo così l’aspetto unitario del complesso. Inoltre, la ripresa delle indagini mirerà anche a verificare se i mercati, come crediamo, abbiano conosciuto fasi di vita precedenti a quelle di V secolo, oggi visibili in sito, cui rimandano i materiali e le monete raccolti con gli scavi”.
Proprio tra i rinvenimenti monetali si segnala quello straordinario di una moneta d’oro, un solido di Leone I (457-474 d.C.) coniato per la zecca di Costantinopoli. “Il reperto è di estremo interesse – evidenzia Diana Dobreva del dipartimento Culture e Civiltà – sia poiché in generale i rinvenimenti singoli di monete d’oro sono di estrema rarità, sia perché l’esemplare di Leone da noi rinvenuto è il primo noto a oggi per Aquileia. Tale moneta attesta la circolazione in loco di nominali in metallo prezioso nel V secolo d.C. e costituisce un riferimento estremamente importante per l’ultima frequentazione dei mercati Pasqualis (è la moneta più tarda a oggi recuperata) e in generale del sito di Aquileia.
“Gli importanti risultati della campagna appena conclusa – rileva Paola Ventura – pur con i limiti imposti dall’emergenza, confermano ancora una volta le potenzialità della “riserva” archeologica aquileiese costituita grazie alla lungimirante attività di acquisizioni al demanio nel corso del ‘900: un “regalo” per la ricerca di questo secolo – che può avvalersi indubbiamente di metodologie allora impensabili – e una sfida per l’impegno di un’adeguata conservazione e fruizione, grazie alle maggiori risorse oggi in campo; e nel contempo uno stimolo per continuare a garantire la tutela sistematica di tutto il complesso urbano antico, oggi meglio ricostruibile anche collazionando i dati di interventi più puntuali con quelli di indagini su vasta scala (ben esemplificati qui dalle problematiche sulle mura tardoantiche)”.
“La collaborazione tra l’Università di Verona e la Fondazione Aquileia, che hanno assieme pianificato, dal punto di vista scientifico ed economico, i lavori di scavo nonostante l’emergenza Covid, aggiunge un nuovo importante tassello alla conoscenza di Aquileia in età tardoimperiale – conclude Cristiano Tiussi – A dieci anni dall’apertura al pubblico dell’area archeologica dei fondi Pasqualis, entro i quali vi è anche la nuova sede della Fondazione, i visitatori avranno la possibilità di ammirare, a pochi metri dalla basilica, la terza delle piazze di mercato tardoantiche, segno ulteriore della vitalità commerciale ed economica della città in questo periodo”.
Fonte: Ufficio Comunicazione e Promozione Sopr. Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia