Pompei non smette mai di sorprendere: sono stati rivelati stamattina, con una conferenza stampa tenuta dal Direttore Generale Massimo Osanna, i particolari della scoperta di una tomba che rivela particolari importanti degli ultimi anni della vita di Pompei, della sua ricchezza e dei costumi dei suoi abitanti.
Nel corso di lavori di ristrutturazione di una costruzione demaniale che doveva diventare una biblioteca per la Soprintendenza, sono stati riportati alla luce i resti di una sontuosa tomba in marmo. Finanziato uno scavo parallelo a quello dei lavori del progetto Grande Pompei (trattandosi di una scoperta recentissima) con 200.000 euro, quello che è emerso fa luce su una pagina interessante della vita dell’antica colonia campana.
Secondo gli archeologi, infatti si tratterebbe della tomba di uno dei più importanti personaggi pubblici degli ultimi anni della vita di Pompei, prima della grande eruzione che la seppellisse. Il monumento si trova lungo una strada coperta di lapilli, sui quali si scoprono per la prima volta le tracce della fuga dei pompeiani: si tratta infatti di solchi lasciati dai carri sopra uno strato di lapilli alto circa 2 metri.
La tomba presenta una iscrizione lunghissima: 4 metri su 7 righe la cui testimonianza cambia le prospettive di quello che gli studiosi sanno di Pompei
L’iscrizione infatti racconta quello che questo personaggio aveva fatto nella sua vita, a partire da quando indossò la sua “toga virile” – quindi raggiunse la maggior età – e diede un grande banchetto per il popolo pompeiano, per il quale furono allestiti 456 triclini (il che significa migliaia di ospiti) e uno spettacolo con 416 gladiatori (il record che risulta dalle iscrizioni di Pompei è di 30 coppie di lottatori in contemporanea).
Oltre a questo, l’iscrizione racconta di episodi della storia della città, arricchendo la nostra conoscenza di particolari importanti. Per esempio sulla così detta “rissa del 59” fra Pompeiani e Nocerini, completando la ricostruzione della storia fatta da Tacito con dettagli che questi non aveva mai fornito. Questo personaggio, infatti, si fregia di avere dei così buoni rapporti con l’Imperatore Nerone che solo a lui fu concesso di riportare a casa i Pompeii, i sommi magistrati che erano stati esiliati – cosa che Tacito non aveva raccontato – in un torbido di enormi proporzioni nei quali erano state coinvolte le maggiori famiglie della città.
L’iscrizione racconta poi che quando questo personaggio si sposò, propose altri grandi spettacoli gladiatori, accompagnanti da venatories – combattimenti con belve feroci- tanto sontuose da impiegare bestie di ogni genere, anche di razze esotiche.
Per questa grandezza il popolo lo acclama “patronus”, titolo che lui rigetta dichiarandosi – con falsa modestia – indegno.
Le iscrizioni invece lo chiamano Princeps Coloniae, un titolo onorifico che lo qualificherebbe come “il migliore della colonia”. Ma chi era quindi costui? A quanto pare, incrociando le informazioni presenti su altre iscrizioni – 17 per la precisione- si potrebbe trattare di Alleius Nigidius Maius, che secondo le ricostruzioni si sarebbe distinto per aver fatto tanto per la città d Pompei, che lo celebrava proprio per gli spettacoli.
La ricostruzione della vita e della carriera di questo personaggio ha gettato luce su aspetti interessanti di questa società, in primis circa la grande mobilità sociale. Egli era infatti figlio di un libello mentre la salma della mamma era stata deposta in una tomba molto più umile di questa ritrovata, che è in ricco marmo e risulta così ben conservata perché – al momento dell’eruzione – doveva essere pressoché nuova, il che indica che il nostro potente sconosciuto doveva essersi spento pochi mesi prima dell’eruzione, forse alla fine del 78 d.C.