La Carnia torna a entusiasmare con nuove scoperte archeologiche: recenti indagini, realizzate in applicazione alle norme di archeologia preventiva nel caso di opere di pubblica utilità, hanno consentito di aprire un nuovo capitolo nella storia del territorio carnico di Forni di Sotto in età romana.
Un’area a uso cimiteriale con diverse tombe a incinerazione è stata infatti individuata nell’ambito dei lavori di adeguamento della fognatura e realizzazione del nuovo impianto di depurazione, diretti dalla società CAFC SpA, prevedenti la spesa di circa € 1.300.000 nel Comune di Forni di Sotto, e svoltisi sotto la sorveglianza dell’archeologo Alexej Giacomini e sotto la direzione scientifica del funzionario archeologo Roberto Micheli per la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia.
L’intervento archeologico in località Tredolo, che ha visto una fattiva collaborazione tra Soprintendenza ABAP FVG, CAFC SpA e Comune di Forni di Sotto, ha consentito di individuare un’area che ha rivelato la presenza di una serie di tombe a incinerazione. Le sepolture sono costituite da piccole buche ricavate nel terreno naturale e contenenti dei vasi ossuari in ceramica dove venivano deposte le ossa combuste dei defunti assieme ad alcuni oggetti del corredo funebre (monete, fibule, coppe in ceramica). Sebbene alcune tombe risultassero già in parte intaccate da precedenti lavori agricoli e presentassero la parte superiore dei sepolcri parzialmente danneggiata, sulla base di alcune sepolture meglio preservate e dei materiali in esse rinvenuti, è possibile datare la necropoli di Tredolo tra la seconda metà del I secolo e gli inizi del III d.C. nel corso dell’età romana imperiale.
La piccola necropoli si presenta distribuita su un’area circoscritta dove si ipotizzano due raggruppamenti distinti di sepolture. Di notevole interesse per l’eccezionalità del contesto è una delle due aree, dove sono state individuate quattro tombe tra loro in stretta relazione stratigrafica, a incinerazione indiretta che prevedeva quindi la cremazione dei resti dei defunti in un luogo differente da quello di sepoltura.
A Tredolo in almeno tre tombe i vasi ossuari, contenenti le ossa combuste e le ceneri, erano ricavati da anfore -del cosiddetto tipo Forlimpopoli-: questi contenitori, una volta non più impiegati per il trasporto del vino, potevano infatti essere successivamente adoperati come contenitori per i resti dei defunti. Si è quindi deciso di prelevare i vasi ossuari dal luogo di ritrovamento, per assicurare la giusta tutela e conservazione delle tombe e per consentire uno studio scientifico più accurato del contenuto in laboratorio.
La scoperta di Tredolo sembra confermare quanto già osservato in passato da Michele Gortani: la toponomastica di alcuni luoghi, ad esempio Vico e Baselia, riconducibili a termini latini come vicus e basilica, aveva infatti già reso possibile ipotizzare una presenza romana o tardoromana nella zona di Forni di Sotto.
Quanto messo in luce nei giorni scorsi conferma questo dato e la presenza di un insediamento di età romana imperiale nell’area, forse a controllo o in relazione alla viabilità antica. Tredolo costituisce dunque una testimonianza molto interessante che richiederà ulteriori conferme e, si auspica, anche nuove indagini nell’area finalizzate a fare luce sulla storia più antica di Forni di Sotto.
Fonte: MiBACT