di Antonio Capitano – Dopo aver acceso la “Luce” (Luce su Villa Adriana, ed. Aracne 2016) Aldo Mancini ci permette di conoscere “L’altra Villa Adriana” grazie ad un nuovo e prezioso volume della stessa serie. L’opera, pubblicata e distribuita dallo scorso febbraio, contenuta in 200 pagine costituisce un altro importante punto di riferimento quale contesto di altissimo spessore professionale. Tuttavia, scorrendo per la prima volta le pagine si avverte l’animo di un appassionato che trasforma lo studioso in continuo ricercatore.
Molto appropriata la comparazione dell’autore della Villa quale organismo vivente e la lettura assume molteplici significati poiché si ha davvero la sensazione di entrare nelle Residenza di Adriano con occhi nuovi, osservando dettagli che permettono di ripensare la nostra conoscenza di questo Patrimonio dell’Umanità.
In questo senso nel sottotitolo si “nasconde” una delicata poesia, struggente, incantata e disincantata al tempo stesso: “delle rovine sepolte sotto gli ulivi, dimenticate nel folto della vegetazione, abbandonate, recintate.
Sulle rovine ne avevo già scritto in occasione del precedente libro di Mancini. Qui c’è il rispetto per quello che è stato e continua ad essere. Con un’avvertenza: attenzione a non perdere la lezione della storia e soprattutto attenzione alla violazione del paesaggio e alla perdita di valore e di valorizzazione.
Rovine sepolte sotto gli ulivi. Gli ulivi testimonianza dello stesso passato. Testimoni dello scorrere della vita all’interno della Villa. Rifugio, riparo. Ma anche risorse. L’olio dal colore oro, splendente come il sole che quando tramonta rende il luogo surreale con quella “Luce” questa volta non solo sulla meraviglia architettonica ma sull’insieme di emozioni e sensazioni.
Rovine dimenticate nel folto della vegetazione. Qui l’autore con una sola espressione ci parla dell’incuria, della trascuratezza, dell’indifferenza. Dimenticate appunto. E la vegetazione adesso diventa un nascondiglio, una prigione ingiusta fatta di rovi e oblio.
Rovine dimenticate. Come se non esistessero. Ostaggio della burocrazia oppure dalla stanchezza di cercarle, di ritrovarle.
Rovine recintate. Una preclusione. Una ingiustizia. Tuttavia la recente riapertura del Teatro Marittimo, della Sala dei Filosofi sono certamente segnali incoraggianti.
Aldo Mancini con questa opera compie una operazione giusta. Riporta ancora una volta la “Luce” sulla verità per la sua ricostruzione ideale ancor prima che reale.
Ma una idea se ben strutturata può diventare realtà. Basta crederci e difendere le ricchezze che ci sono state donate. E allora basta recinzioni, abbandoni, sepolture e dimenticanze. Villa Adriana è un sogno da vivere.