La cultura veicolo di coesione economica e sociale è uno dei quattro temi unificanti proposti nel percorso di programmazione della politica di coesione 2021-2027. Un tema particolarmente sfidante per l’Italia, dove la cultura e il patrimonio culturale costituiscono il più grande asset nazionale che unifica le potenzialità dei territori, pur molto diversi se misurati su altre dimensioni, e dove, proprio per questo, l’intervento sulla cultura può contemporaneamente innescare sviluppo economico ed essere fattore di coesione e di inclusione e, quindi, di sostenibilità sociale.
Se ne è parlato ieri a Matera, dove la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea ha discusso delle possibili linee strategiche per la Cultura nella programmazione 2021-2027 con Beatrice Covassi, Claudia Stefania, Choosy De Stefanis, Paola Bocchia, Ritalba Mazzara, Ornella Cosentino e Manuela Sessa.
Punto centrale del confronto le strategie e le opportunità del processo negoziale tra l’Italia e la Commissione europea sulla definizione del prossimo ciclo di programmazione 2021-2027.
Proprio a Matera, infatti, si è dimostrato vincente il modello promosso dalla Commissione europea che pone la cultura come principale leva di sviluppo del territorio. Ma perché ciò avvenisse è stato fondamentale il lavoro di pianificazione strategica e di progettazione integrata a base culturale connesso al processo di candidatura, che ha creato le condizioni per una consapevole crescita della città e dell’intero territorio regionale che guarda già al futuro.
L’approccio strategico dello sviluppo territoriale basato sulla risorsa cultura, che sempre più si sta consolidando nella teoria e nella pratica della programmazione delle politiche di sviluppo nel nostro Paese, ha mostrato numerose potenzialità, ma ha anche permesso di comprendere alcuni fattori critici e le sfide aperte, in particolare quelle legate alla capacità di accrescere i livelli di accesso e di fruizione del patrimonio e il grado di partecipazione culturale delle comunità.
Pure a fronte di una dotazione, come noto, particolarmente ampia – oltre 200.000 beni architettonici, archeologici e museali vincolati -, diffusa – 68 beni ogni 100 kmq -, e con un notevole portato in termini di significato culturale e di valori socio-economici (54 siti e 6 patrimoni culturali orali e immateriali riconosciuti dall’UNESCO), la fruizione culturale nel nostro Paese resta ancora decisamente sottodimensionata. In particolar modo per quanto riguarda il patrimonio diffuso e soprattutto nel Mezzogiorno, dove ampie fasce della popolazione restano fuori dai circuiti di fruizione della cultura e dove anche la domanda turistica interna stenta ad affermarsi. In Italia nel 2016 solo il 28,3% degli adulti di 25 anni e più ha espresso una partecipazione culturale forte, mentre le persone totalmente inattive sotto il profilo culturale sono il 38,8% degli adulti. E anche nel confronto europeo i livelli di partecipazione ad attività culturali da parte dei cittadini italiani appaiono piuttosto modesti.
Sul fronte dei settori economico-produttivi “culturali e creativi”, nonostante i complessivi trend in crescita, la situazione è ancora fortemente disomogenea tra le aree del Paese, con rilevanti difformità per grado di robustezza delle filiere e loro radicamento sul territorio, nonché per livello di integrazione tra i sistemi imprenditoriali locali e i beni attrattori/generatori culturali.
In questo quadro, sia a livello nazionale che per Matera e il suo territorio, è fondamentale un approccio strutturato e consapevole alle opportunità offerte dalla programmazione europea, oggetto dell’incontro promosso da Federculture e dalla Commissione europea.
La politica di coesione può, infatti, contribuire a sostenere processi di valorizzazione integrata del patrimonio culturale, materiale e immateriale, avviati nei grandi circuiti urbani e dei sistemi territoriali di area vasta, capaci di rendere l’offerta più attrattiva, moderna e appetibile, e ampliare così il fronte della domanda – e più complessivamente della partecipazione culturale – sia da parte delle comunità locali, sia dei turisti. Ma può anche rafforzare i settori economici e le filiere imprenditoriali collegate alla tutela, conservazione, fruizione, promozione e gestione del patrimonio culturale, in sinergia con l’investimento sulla dotazione infrastrutturale, per accrescere la loro specializzazione competitiva, potenziare la loro capacità di integrazione territoriale e settoriale valorizzandone le diverse componenti (PMI, imprese sociali, startup innovative e a vocazione sociale, società benefit, ecc.). Infine, può rappresentare lo strumento per sperimentare forme partecipative e partenariali nel riuso e gestione dei beni del patrimonio culturale, e più in generale dei beni pubblici altrimenti abbandonati o non utilizzati (non pochi nel Paese), capaci di creare nuovi valori per le comunità locali, non limitabili a quelli meramente finanziari e di favorire l’insediamento di nuove economie.