di Carlo Francini – La naturale o innaturale evoluzione del contagio che stiamo vivendo nella nostra città, nel nostro paese e in tutte le nazioni del mondo ci impone una certa moderazione, ma anche una valutazione – certamente a caldo e quindi foriera di errori – di quale strada intraprendere nel futuro.
Più che dare una risposta, almeno per un momento vorrei condividere una domanda essenziale: siamo davvero sicuri che l’esperienza di città che abbiamo vissuto fino a pochi giorni fa era così perfetta e in sintonia con uno stile di vita sostenibile?
L’amministrazione comunale e anche altre istituzioni questa domanda se la sono posta e i segnali di un lavoro sottotraccia – e anche di una certa evidenza – verso una necessaria inversione di tendenza erano presenti e indiscutibili, ma quello che sta accadendo rischia di far naufragare questi buoni e sacrosanti propositi al momento della ripresa che deve essere governata e non subita.
Il deserto urbano che stiamo vedendo e vivendo spaventa, ma anche lo spazio della città storica affollata all’inverosimile qualche malessere dell’anima lo ha prodotto nei fiorentini, nei residenti abituali e in quei visitatori della nostra città alla ricerca di valori reali, concreti e non mediati. In qualche modo la città piena e la città vuota paiono essere la faccia della stessa medaglia.
Firenze, insieme alle altre città del mondo, passata questa tempesta, si rialzerà; lo ha sempre fatto e anche in tempi recenti. In questo contesto cosa dobbiamo garantire a noi stessi, al resto dell’umanità e ai nostri eredi?
Dobbiamo senza esitazione cercare e trovare un modello di vita urbana sostenibile, dove i valori della cultura materiale e immateriale ne siano, non uno sfondo da cartolina, ma dei principi fondanti per nuove scelte legate a una maggiore qualità dei servizi e delle funzioni per la residenza (nelle sue molteplici forme) e siano di reale supporto, in ambito metropolitano, ai settori della produzione industriale, dell’artigianato, della ricerca, del commercio.
La cultura e l’educazione dovranno essere al centro di una visione olistica della città, ma con un approccio realmente sostenibile – anche da un punto di vista economico – capace di dare valore alla fruizione dello spazio urbano, dei monumenti e dei musei e non di mortificarlo all’inseguimento di numeri e record inutili.
Si avverte, in queste lunghe giornate passate in una specie di sogno (o incubo) artificiale, un reale bisogno di un cambio di marcia a livello planetario.
Mi piace ricordare come Firenze, tra i criteri che ne hanno permesso l’inserimento della Lista del Patrimonio Mondiale ne possiede uno straordinario e bellissimo legato all’immaterialità: essere stata la patria dell’Umanesimo moderno.
Firenze, insieme alle altre città appartenenti alla Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO, potrebbe diventare uno dei luoghi di sperimentazione per nuovi modelli che mettano al centro l’uomo e il suo rapporto con l’ambiente culturale e naturale.
Nel 1967 l’UNESCO, che tanto si era prodigata in aiuti per Firenze e Venezia dopo la tragedia dell’alluvione e dell’acqua alta del 1966, produsse un documentario dal titolo “Return to Florence”, dove l’indimenticato Sindaco Piero Bargellini parla della ripresa della città da un punto di vista economico e sociale, ma in uno slancio poetico lega questo nuovo inizio all’arrivo della primavera con una frase diretta e semplice: tra un po’ ci saranno i fiori.
In questo triste inizio di primavera auguriamoci di ritrovare la forza e la saggezza necessarie per il nostro futuro.
Si ringrazia il magazine “The Florentine” per la condivisione. Se vuoi leggere lo speciale del magazine >>
by Carlo Francini – The natural or unnatural evolution of the virus that we are experiencing in our cities, in our country and all over the world calls for self-control as well as evaluation (certainly in the heat of the moment and therefore heralding mistakes) about what action to take in the future.
Rather than giving an answer, at least for the time being, I’d prefer to pose a fundamental question: are we really sure that the urban experience we had up until recently was that perfect and in sync with a sustainable lifestyle?
The city administration and other institutions have already asked themselves this question and the clear signs of an undercurrent change in direction were unquestionable and apparent, but what is happening now could sink those sacrosanct intentions once life is resumed, which will need to be governed and not endured.
The urban desert that we are seeing and experiencing frightens us, yet the historic centre crowded to the point of excess also aroused disquiet among Florentines, residents and those visitors to our city in search of real, tangible and enduring values. In some ways, the full city and the empty city seem to be two sides of the same coin.
Florence, like other world cities, will rise again when this storm has passed. This has always been the case, even in recent times. Nevertheless, what must we guarantee for ourselves, our heirs and the rest of humanity? We must look for and find a sustainable urban life model without delay, a model where the values of tangible and intangible culture are not conceived as a picture postcard but as underlying principles for new choices associated with better quality services for the housing (in its multiple forms) and which provide actual support in the metropolitan area for the sectors of industrial production, crafts, research and trade.
Culture and education should be at the centre of a holistic vision of a city, but with a truly sustainable approach, also from an economic perspective, capable of enhancing the use of the urban space, its monuments and museums, and not demeaning it to achieve pointless figures and records.
What we are feeling is a genuine need for a global trend reversal during these long days spent in a sort of artificial dream (or nightmare).
I like to remember how Florence, among the criteria that enabled its inclusion on the UNESCO index April 2020 TF266 57 World Heritage List, possesses an extraordinary intangible legacy as the birthplace of modern humanism. Florence, together with the other cities belonging to the UNESCO World Heritage List, might become the pivotal place for the experimentation of new models based on humans and our relationship with the natural and cultural environment.
In 1967, UNESCO, which was so lavished with help for Florence and Venice after the tragic flood and high water of 1996, produced a documentary titled “Return to Florence”, in which the unforgettable mayor Piero Bargellini spoke about the city’s recovery from an economic and social perspective, but in a poetic leap he linked the new beginning with the arrival of spring with a straightforward expression: soon there will be
flowers. In this sad start to the spring, let’s hope that we can regain the willpower and wisdom needed for our future.
We thank “The Florentine” for sharing. If you want to read its the special issue >>