Da dove comincia, in maniera pratica, la tutela del patrimonio culturale e artistico per una città come Firenze? Per spiegare che cosa è stato fatto fino ad ora e cosa si sta facendo in proposito abbiamo chiesto l’aiuto di Carlo Francini, responsabile e site manager del sito UNESCO “Il Centro Storico di Firenze” non nonché curatore scientifico dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Unesco.
Il punto di partenza per ogni riflessione è : come si fa ad impedire che si verifichino altre catastrofi come quella del 1966?
C.F. : Il nostro punto di partenza deve essere la consapevolezza che noi non abbiamo mezzi per fermare o impedire le catastrofi naturali, che si tratti di un terremoto o – come in questo caso – di un’alluvione. Il cambiamento climatico è un dato di fatto, sul quale non abbiamo possibilità di controllo alcuno. Certo abbiamo i mezzi per prevedere l’incidenza delle piogge, della portata del fiume e quindi delle piene. Questo ci consente quindi preparare lo stesso fiume e la di Firenze città all’emergenza, se mai se essa si verificasse.
Il Comitato Tecnico Scientifico Internazionale, nel report dello studio voluto per il progetto Progetto Firenze|Toscana 2016, ha detto però che Firenze e il suo patrimonio sono in pericolo come mezzo secolo fa.
C.F. : Il pericolo è relativo alla posizione della città rispetto al fiume, e questo è inevitabile. Evitabile è la catastrofe, come ce la ricordiamo noi oggi, in occasione del cinquantenario. Nel nuovo Piano di Gestione del Sito UNESCO, licenziato circa dieci mesi fa, sono stati inseriti diversi capitoli e punti di azione sul fronte delle diverse minacce che gravano sul sito di Firenze. Il tema del cambiamento climatico e delle alluvioni è uno di questi e in esso sono confluiti diversi progetti, i cui obiettivi generali sono l’aumento della consapevolezza del fiume sia come risorsa ambientale che socio-culturale, la valorizzazione del fiume come spazio pubblico della città e la conoscenza delle modalità di gestione del rischio alluvioni e degli eventi connessi al cambiamento climatico.
Come si sviluppano quindi i progetti dei quali parla?
C.F. : Il primo è il PGRA, ossia il Piano di Gestione del rischio alluvioni, stilato dall’Autorità di Bacino del Fiume Arno, che si basa sul principio di “non incremento della pericolosità”, prevedendo azioni per ridurre il rischio di danni ai sistemi strategici ed essenziali della città, dalle strade agli ospedali, delle infrastrutture e dei beni culturali. Il secondo è il PSRI, Piano stralcio per il rischio idraulico, che ha individuato come causa principale dei fenomeni di piena l’inadeguatezza delle opere idrauliche, nella scarsità di quelle di regimazione e laminazione delle piene. Questo piano analizza le situazioni dell’Arno e dei suoi affluenti in caso di condizioni meteorologiche sfavorevoli ed è parte integrante del Piano Comunale di Emergenza di Protezione Civile. Quindi il piano prevede la strutturazione di un sistema di allertamento che tenga conto di diversi livelli di criticità e i relativi scenari, prefigurare un modello di intervento operativo relativo alle diverse condizioni individuate. Per questo, è stata preventivata la costruzione di nuove casse di espansione nelle quali far defluire la piena. Ultimo step, informare la popolazione di queste criticità con una campagna di sensibilizzazione ad hoc. Nel piano di gestione del sito UNESCO abbiamo previsto la realizzazione dei due progetti in 3-5 anni.
Quanto conta istruire e formare i cittadini circa la condizione di “pericolo” di Firenze rispetto al suo fiume, se vogliamo definirla così?
C.F. : Il fiume non è il pericolo, pericolo sono i nostri comportamenti. Per questo abbiamo inserito nel Piano di Gestione un progetto chiamato “Arno, un Fiume per Amico”, che si articolo proprio secondo un percorso educativo mirato a conoscere gli aspetti ambientali e gli interventi necessari per rendere più sicuro e vivibile il fiume. L’Autorità di Bacino, che lo ha promosso e curato, ha voluto – con incontri nelle scuole e visite guidate sull’Arno – presentare ai ragazzi i vari modi in cui esso ha guidato e tuttora guida la vita e i cambiamenti della città, con un occhio all’aspetto tecnico – proprio per avvicinare i futuri cittadini ad avere attenzione per esso.
E per quanto riguarda i beni del patrimonio culturale? Cosa propone il nuovo Piano di Gestione?
C.F. : Innanzitutto, con l’Autorità di Bacino stiamo lavorando al progetto “Guarda in faccia l’alluvione!” che vuole aumentare la percezione e la conoscenza di tutte le conseguenze di un’alluvione catastrofica, divulgare e diffondere le possibili azioni locali per la riduzione del danno sul patrimonio artistico e attivare l’intera cittadinanza ad affrontare una situazione di emergenza. Queste attività prendono spunto dal progetto “Rischio alluvionale Beni Culturali”, che per Firenze e l’intero bacino dell’Arno, ha individuato in una mappatura digitale gli edifici soggetti a vincolo del MiBACT, con i relativi gradi di vulnerabilità e la presenza di beni e opere a rischio. A livello operativo, su questo progetto se ne inserisce un altro, “Protezione dei Musei Comunali in emergenza di Protezione Civile”, curato dal Comune di Firenze e la Protezione Civile, che si concentra proprio sulle azioni pratiche da mettere in campo in caso di emergenza, con la preparazione di un piano di protezione civile dedicato ai musei e condiviso con la comunità. Tale piano prevede tre fasi: preavviso, allerta e superamento dell’emergenza, per affrontare le quali vengono formati i dipendenti dei siti museali e i volontari. Questi – al termine del percorso formativo – saranno quindi in grado di mettere in salvo le opere in caso di alluvione, lavorando in maniera corretta e coordinata. Questo progetto potrà essere allargato alle altre istituzioni culturali cittadine che non ricadano nella gestione comunale, in futuro. Nel frattempo però, per fare un esempio, il Museo dell’Opera di Santa Croce ha curato il riallestimento delle sale in modo che le opere d’arte che ospita siano già in totale sicurezza: un cambio di visuale che sembrerebbe superfluo ma che, in realtà, rischia di mettere in salvo il Patrimonio.
Come si fa a monitorare tutto e rendere efficace e sicuro l’intero sistema?
C.F. : Il Piano di Gestione di un Sito UNESCO serve proprio a questo. Il sistema città di Firenze, in questo caso, vede tanti attori protagonisti nella gestione del sito e quindi della stessa città: sono i membri del Comitato di Pilotaggio, ognuno responsabile per la sua parte dei progetti inseriti nel Piano. Il Piano di Gestione segna dunque la strada per tutelare e valorizzare il Sito UNESCO, i progetti che lo compongono ne sono gli strumenti operativi. Ma esso potrebbe diventare uno strumento di tutela e valorizzazione di ogni tipologia di sito culturale e – se le esperienze dei Piani di Gestione UNESCO si riveleranno positive- il loro effetto potrebbe riverberare sia su interi territori che su altre città o siti culturali. A proposito della salvaguardia dei beni del Patrimonio Culturale, a mi parere quello che spesso manca è una visione generale della complessità della loro gestione, siano essi UNESCO o no. Nel restaurare, ripristinare, ricostruire, bisognerebbe pensare alla salvaguardia di tutti i beni dai problemi futuri, siano esse sciagure di carattere ambientale che catastrofi naturali, così come lo scorrere del tempo e la fruizione turistica.