L’Etna non è solo simbolo di forza ed esempio di una bellezza… esplosiva della natura: grazie alla sua attività continua è anche un laboratorio scientifico a cielo aperto.
Gli scienziati Teresa Ubide, dell’università australiana del Queensland, e Balz Kamber, del Trinity College di Dublino hanno infatti scoperto nelle rocce del “Mongibello” – come i siciliani spesso appellano il loro vulcano – dei cristalli che, come registratori naturali, conservano la memoria degli eventi che precedono un’eruzione. Questi indicherebbero che alcune eruzioni sono avvenute a due settimane dall’arrivo del magma a 10 chilometri di profondità.
A raccontare della scoperta la rivista Nature Communications; secondo lo studio di Ubide e Kamber, le informazioni contenute nei cristalli potrebbero indicare importanti e inediti segnali premonitori del risveglio di un vulcano.
Eugenio Privitera, direttore dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) ha commentato la scoperta spiegando che : “La ricerca contribuisce a conoscere meglio i processi eruttivi che si verificano nel vulcano e queste informazioni, con le altre acquisite nel tempo, permettono di migliorare le capacità diagnostiche dei fenomeni che osserviamo e di fare previsioni più accurate. L’Etna ha uno dei migliori sistemi di monitoraggio al mondo e in realtà già riusciamo a prevedere quasi tutte le eruzioni”.
Nell’articolo di Nature la Ubide spiega che i cristalli raccolti sull’Etna si formano quando il magma inizia a salire dalla profondità di 30 chilometri verso la superficie e cambiano composizione durante la risalita. La loro struttura interna è fatta di strati che registrano i processi che avvengono prima dell’eruzione.
Per sfatare però l’idea che la lettura dei cristalli possa aiutare a prevedere in maniera certa le eruzioni, Previtera ha anche spiegato che “che l’arrivo di magma nelle zone di accumulo possa innescare eruzioni vulcaniche è noto, ma l’innesco di un’eruzione è un fenomeno molto più complesso, non schematizzabile in un singolo meccanismo” e che le previsioni “non si basano su un singolo fenomeno, ma sull’insieme, dai terremoti, ai cambiamenti della composizione di gas, alle acque, al magnetismo e alla gravità”.