Nello ore in cui si sta formando il nuovo Governo, dalle bozze rese pubbliche sui programmi la Cultura ha un ruolo – ad essere generosi – marginale.

Silvia Costa, eurodeputato in Commissione Cultura,  ha quindi condiviso un appello lanciato da Cultura Italiae, che qui riportiamo.

“In queste ore nelle quali si tenta di dare all’Italia un nuovo Governo, è stato portato all’attenzione del Presidente Incaricato e dei leader politici, questo appello che ho sottoscritto con convinzione.

All’interno della parola “Cultura” è contenuta un’altra che ne rappresenta la radice e uno delle sue più importanti funzioni, la parola: “Cura”.

Bisogna davvero prendersi cura dell’Italia e per farlo è necessario porre al centro dell’azione di governo l’istruzione e la cultura, non solo quale sintesi di antichi  valori e significati  tradizionali, ma come investimento per il futuro dell’Italia, vero volano economico e creatore di ricchezza e lavoro.

Ecco perché è da qui che bisogna ripartire. E non servono effetti speciali, ministri superstar, irrealizzabili piani Marshall. Basta metterci un po’ la testa da Palazzo Chigi, che sostenga il buon lavoro dei ministeri di questi ultimi anni, con più risorse e più attenzione. Basta mettere la scuola, l’educazione, la cultura in cima alle priorità di questo esecutivo, per marcare la novità. 

Uno: siamo ultimi in Europa – ultimi, lo ripetiamo – per percentuale di popolazione dai 25 ai 64 anni con in mano un titolo di studio terziario, vale a dire almeno una laurea, l’unico in cui i laureati sono il meno del 20% della popolazione.

Due: siamo l’unico Paese tra i grandi d’Europa ad aver visto decrescere, negli ultimi dieci anni, gli occupati in posti ad alta specializzazione. Uno di quelli in cui le professioni a media alta qualifica non arrivano nemmeno a coprire il 40% dei posti disponibili.

Tre: siamo terzultimi in Europa, dopo Romania e Slovacchia, per risorse umane impiegate nella scienza e nella tecnologia.

Quattro: siamo quintultimi per libri letti -solo l’8% della popolazione – e penultimi per tempo dedicato alla lettura, solo due minuti al giorno.

Cinque: quattro italiani su dieci, nell’arco di un anno, non visitano un museo, non leggono libri, non vanno al cinema e nemmeno a un concerto.

Potremmo continuare fino a cinquecento, ma ci fermiamo qui. Ecco cosa siamo diventati, noi che dovremmo essere – che ci raccontiamo di essere – culla e faro della cultura europea.

Faro sì, ma fanalino di coda.

Ma siamo anche un Paese che è diventato la terza economia europea grazie alle sue persone, alle sue intelligenze, individuali e collettive. E, senza troppe false modestie, siamo diventati uno dei più grandi Paesi al mondo grazie alla nostra capacità di trasformare la cultura in valore economico e sociale.

Pertanto, ci piacerebbe:

  • che le scuole a tempo pieno possano essere una realtà comune a tutto il Paese e non una delle principali linee di frattura tra Nord e Sud. 
  • che la spesa scolastica arrivi a superare il 5% del Pil, o almeno ci si avvicini alla soglia della media europea (4,9%) e non diminuisca come invece è avvenuto nel 2019, quando è passata dal 3,6% al 3,5%, a proposito di nuovo umanesimo. 
  • che aumenti e molto l’investimento nella ricerca di base e applicata delle università italiane, per la quale spendiamo meno oggi di quanto spendevamo vent’anni fa, all’inizio del nuovo millennio. 
  • che fosse dato un forte sostegno all’industria creativa e culturale fatta di musei, teatri, filiere audiovisive e musicali, che attira turisti da tutto il mondo e che oltre a generare valore economico, offre un importantissimo contributo nel rammendare il tessuto sociale delle nostre città.
  • che il turismo non fosse un settore di cui parlare in convegni solo come un’opportunità, o un problema, o per decidere in quale Ministero collocarne gli uffici.
  • che lo Sport sia considerato parte integrante della nostra economia e non un compartimento stagno invalicabile che non faccia sistema con le altre risorse di crescita del Paese.
  • che il mondo dell’agricoltura e del cibo siano davvero considerati patrimonio essenziale della nostra cultura da tutelare e valorizzare nel mondo.
  • che le città siano al centro dell’azione innovatrice e pulsante di un nuovo modello di sviluppo sostenibile e virtuoso

Fate delle scuole e delle università, dei musei e dei teatri le chiese e le cattedrali dello Stato Italiano, i segni tangibili della sua presenza territoriale, i luoghi reali e simbolici che ne definiscono la presenza, il presidio e il valore della cultura e dell’educazione per questo Paese. 

Restituite all’Italia la sua risorsa più preziosa, la sua linfa vitale, la sua intelligenza e restituirete all’Italia un popolo consapevole e una classe dirigente adeguate a governare tutto il resto.

Abbiate cura dell’Italia e della sua Cultura.

Fidatevi: non ve ne pentirete.

#CulturaalGoverno”