L’Istituto Villa Adriana e Villa d’Este – Villae inaugura lunedì 10 febbraio alle ore 17.00, la mostra “Après le déluge: viaggio fra opere riemerse e misconosciute”, che si dipana fra Villa d’Este Patrimonio Mondiale fino al prossimo 16 marzo e presso il Santuario di Ercole Vincitore dall’11 febbraio al 31 maggio 2020.
Curata dal direttore Andrea Bruciati, in collaborazione con Benedetta Adembri e Micaela Angle, la mostra contempla l’esposizione e la valorizzazione di oltre 40 reperti antichi distribuiti tra l’Antiquarium del Santuario di Ercole Vincitore e le sale del piano nobile di Villa d’Este. Si tratta di un recupero effettuato dal Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, unitamente alla Polizia Svizzera, seguendo tracce investigative che dal territorio italiano, oggetto di scavi clandestini, conducevano al porto franco di Ginevra.
Il progetto, dunque, si inserisce in una programmatica e intensa attività di cooperazione con l’Arma dei Carabinieri, iniziata nel 2019 con la consegna all’Istituto della cosiddetta Arianna, un coperchio di sarcofago in marmo, collocato nel chiostro di Villa d’Este.
Considerata la vicenda del recupero e il valore scientifico dei reperti ancora inediti e in corso di studio, l’allestimento progettato ha connotazioni laboratoriali, con la presenza di casse e di supporti minimi.
“Riportare beni archeologici nei luoghi di origine – ha dichiarato il Generale Roberto Riccardi, Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale – è far rivivere il passato. I carabinieri per la tutela del patrimonio culturale fanno questo: rendono all’Italia pezzi pregiati della sua storia. L’emozione di vederli in mostra crea un circolo virtuoso: dona un senso al nostro lavoro e ci dà la carica per la prossima indagine.”
“L’interesse di questo progetto – ha spiegato Andrea Bruciati, direttore delle Villae – deriva dalla possibilità di restituire i reperti al proprio contesto culturale, esaltando la funzione identitaria del patrimonio, reso nuovamente disponibile per la collettività. Jules Verne nei suoi romanzi sui mondi perduti ha raccontato come l’ignoto permetta di viaggiare con la mente, immaginando terre sconosciute o fondali inaccessibili. Dischiudere le palpebre serrate di marmo, di pasoliniana memoria, è l’obiettivo di questa mostra che, non rassegnandosi alla perdita e all’oblio, recupera alla fruizione beni clandestinamente trafugati o più semplicemente destinati al godimento privato.”
A corredo dei reperti archeologici, a Villa d’Este è presente anche un nucleo di opere su tela e supporto fotografico, per la prima volta esposte in una istituzione museale, dall’iconografia rispondente all’idea di paesaggio in età moderna e contemporanea. Si tratta di capolavori provenienti da collezioni private, che spesso hanno affinità con la storia delle Villae, riguardanti nello specifico: Philipp Peter Roos detto Rosa da Tivoli, Francesco Graziani, Francesco Guardi, Guglielmo von Plüschow, Guido van der Werve, oltre a frammenti di quadri importanti della cerchia di Salvator Rosa, Nicolas Poussin, Giovanni Paolo Pannini e Giovanni Fattori, ancora in fase attributiva.