Dal 17 novembre 2017 all’11 marzo 2018 il Museo di Roma a Palazzo Braschi in Piazza Navona ospita “Artisti all’Opera”, una mostra che celebra il rapporto del Teatro con i più grandi artisti del Novecento, da Picasso a Kentridge.
Il teatro si racconta come universo di artisti: musicisti, compositori, registi, pittori e artisti figurativi, costumisti, stilisti, attraverso l’infinita bellezza dei suoi allestimenti, figli del lavoro intrecciato di alcune tra le più grandi figure dell’arte del Novecento.
La mostra è a cura di Gian Luca Farinelli con Antonio Bigini e Rosaria Gioia, con la curatela storico-scientifica di Francesco Reggiani e Alessandra Malusardi dell’Archivio Storico e la collaborazione di Anna Biagiotti della Sartoria della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma. L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e dalla Fondazione Teatro dell’Opera di Roma in collaborazione con la Fondazione Cineteca di Bologna. Si ringrazia l’Istituto Luce e la collaborazione di SIAE.
Viene raccontata la storia di un Teatro, l’Opera di Roma, che ha sempre camminato sul filo rosso di un rapporto cercato e trovato con l’arte figurativa, portando quindi alla vista dello spettatore scene e costumi nati dal genio di grandi artisti, così come piccoli capolavori inusuali, bozzetti, figurini (ovvero i disegni dei singoli personaggi), maquette (i modellini delle scenografie), fino a pezzi di inestimabile valore, come il sipario lungo 15 metri dipinto da de Chirico per un Otello rossiniano.
Ma “Artisti all’Opera. Il Teatro dell’Opera di Roma sulla frontiera dell’arte” non è una “semplice” galleria di meraviglie d’arte scenica, è anche un percorso che il visitatore/spettatore vive lungo la storia del Teatro dell’Opera di Roma, seguendo le suggestioni dei grandi titoli del nostro teatro lirico – ma scoprendo anche perle “minori” che sono sfuggite alle consuetudini del repertorio – e spiando il lavoro delle maestranze, ricreato attraverso un sapiente gioco d’allestimento, così da ribaltare la normale prospettiva.
Grazie alle collezioni dell’Archivio del Teatro dell’Opera – in cui si conservano più di 60mila costumi e 11mila bozzetti e figurini – alle proiezioni e ai filmati d’archivio dell’Istituto Luce il visitatore/spettatore entra nel teatro ritrovandosi dietro le quinte del palcoscenico per ammirare da vicino tutto ciò che d’abitudine vede da lontano, dalla platea.
Che lo spettacolo inizi, allora. Apre metaforicamente il sipario il carretto delle scene originali di uno dei titoli più amati di sempre, la Cavalleria rusticana che Pietro Mascagni portò in scena per la prima volta nel 1890, proprio all’Opera di Roma, per passare la mano a un’altra popolarissima opera che segnò la musica del nuovo secolo, la Tosca di Giacomo Puccini, andata in scena proprio nel 1900. La musica di Puccini, il più grande compositore operistico italiano del Novecento, tornerà spesso al Teatro dell’Opera di Roma, grazie alle voci di interpreti straordinari, come Maria Callas, il cui costume in Turandot rappresenta uno dei pezzi preziosi della mostra.
Il soprano Emma Carelli fu negli anni ’10 del Novecento la carismatica direttrice di quello che allora si chiamava Teatro Costanzi. Quindi, nel 1928, il Comune di Roma acquisì il Costanzi e il Teatro prese il nome che conserva ancora oggi. Da quel momento si fece sempre più fertile il dialogo con artisti che è difficile menzionare senza far torto ad alcuno: Felice Casorati (Elektra di Richard Strauss), Filippo De Pisis (La rosa del sogno di Alfredo Casella), il futurista Enrico Prampolini (I capricci di Callot di Gian Francesco Malipiero).
Del 1919 sono le scene e costumi di Pablo Picasso per il balletto di Manuel de Falla Il cappello a tre punte, messo in scena al Teatro dell’Opera nel Secondo Dopoguerra.
Durante l’eccezionale fermento degli anni Sessanta, gli artisti si avvicendano freneticamente al Teatro dell’Opera: Renato Guttuso (che lavorerà alla Carmen di Georges Bizet e alla Sagra della primavera di Igor Stravinskij), Giacomo Manzù (Oedipus Rex, sempre di Stravinskij), Alexander Calder (Work in progress di Bruno Maderna), seguiti nei decenni successivi da Alberto Burri (suo il Cretto per November Steps, balletto di Minsa Craig del 1972), Mario Ceroli (La fanciulla del West di Puccini, 1980), Arnaldo Pomodoro (Semiramide di Gioachino Rossini, 1982), William Kentridge (Lulu di Alban Berg, andato in scena quest’anno).
Ma grandi artisti figurativi non sono anche i costumisti (Danilo Donati, Gabriella Pescucci, Pier Luigi Pizzi) e gli stilisti che hanno prestato il loro lavoro alla messinscena (Armani, Valentino, Balestra, Ungaro)?
E, naturalmente, la storia dell’opera lirica è costellata di grandi registi: è entrato nel mito l’allestimento di Luchino Visconti del Don Carlo di Giuseppe Verdi, del quale è esposta la maquette originale; ma tanti sono i registi omaggiati, da quelli più squisitamente teatrali come Luca Ronconi, Bob Wilson, Emma Dante, a quelli cinematografici col vizio dell’opera, come Terry Gilliam, Werner Herzog, Sofia Coppola.
Fonte: Teatro dell’Opera di Roma