di Martina Vacca – “Il greco di Calabria”, come dicono gli autoctoni, è una storia di legami, di terre arse e rosse e di cordoni ombelicali mai spezzati. I linguisti la chiamano “lingua grecanica” e spiegano che essa è il frutto di un incontro risalente all’ VIII secolo a.C. fra le popolazioni locali della Calabria e i coloni greci, uno scambio di ricchezze, arte, commerci e letteratura.
Oggi, nell’era della rivoluzione digitale, dove la vita scorre rapida e quasi si parla per abbreviazioni, sigle ed emoticon, dove anche le parole più comuni sono state sostituite nel linguaggio corrente dalla terminologia anglosassone, nelle Terre della Bovesia, in Aspromonte, acqua si dice “νερό” – pronunciato “nerò” – in greco. Qui sono circa una decina gli anziani che ancora usano il greco come lingua di comunicazione quotidiana e più di un migliaio, probabilmente, a conoscerla.
Con la riforma cattolica le classi istruite lasciarono il greco a favore del latino e poi dell’italiano e il greco demotico rimase una lingua parlata solo dalle classi povere nelle campagne e in montagna.
La tradizione linguistica grecanica è stata volutamente interrotta dalle vecchie generazioni per consentire alle nuove di adattarsi al contesto sociale moderno; una propensione influenzata ma anche imposta dall’Unità d’Italia prima e dal fascismo poi.
Ma le “parole sono pietre” anche in senso letterale, dure a disgregarsi e a morire e quindi in grado di arrivare fino a noi così come gli atteggiamenti, i modi di fare e di essere, tipo quel parlare col tono alto di voce della gente del sud, come se si stesse sempre recitando in uno di quegli antichi teatri all’aperto, di cui sono costellati i territori dell’antica Grecia, dove non c’erano i moderni sistemi di amplificazione e gli attori erano costretti all’uso di una recitazione “alta”. Perché il dna delle popolazioni calabresi e siciliane, così com’è stato scientificamente provato, era ed è magnogreco.
Se di parole greche in Calabria se ne pronunciano sempre di meno, c’è chi in questa struggente regione, ricca di storia e di cultura, seppure figlio della rivoluzione digitale, ha scelto di utilizzare la tecnologia moderna per tenere in vita il passato e le origini. Così, tre anni fa, in seguito ad una Summer School di lingua grecanica organizzata dall’associazione “Jalò Tu Vua” nella cittadina di Bova Marina, è nata l’applicazione per smartphone “Grecopedìa”, con l’intento iniziale di creare un vero e proprio vocabolario digitale di grecanico.
L’app, curata interamente nella parte linguistica da Tito e Maria Olympia Squillaci, è stata poi inserita in un progetto più ampio di Civic Digital Library, per la digitalizzazione del patrimonio culturale calabrese, promosso dall’Agenzia di Sviluppo Locale della Calabria Greca, “GAL”.
Attraverso “Grecopedìa” è possibile consultare documenti di vari formati – testi, immagini, video, audio – presenti nella Civic Digital Library, nonché visualizzare gli eventi in programma della Calabria Greca e, ovviamente, utilizzare il dizionario online Italiano/Greko e Greko/Italiano.
Con l’obiettivo di trasmettere consapevolezza delle proprie origini ai giovani, consentendo l’apprendimento del grecanico in maniera funzionale e con un approccio moderno, gli ideatori e gli sviluppatori di “Grecopedìa” stanno già lavorando ad un aggiornamento dell’app.
Insieme a Grecopedìa, per dare continuità e promuovere la lingua dei greci di Calabria, vi sono in cantiere vari progetti, tra i quali quello teatrale, finanziato dalla Regione, che vedrà la messa in scena di una vera e propria opera di teatro “declinata” in 4 lingue, che, partendo dal greco antico, passa per il greco classico e il greco di Calabria, per pervenire alla recitazione in dialetto calabrese e infine in italiano.
La diversità linguistica è considerata dall’UNESCO uno degli elementi essenziali della diversità culturale dell’umanità e il “greco di Calabria” è tra le 2347 lingue che rischiano di estinguersi, menzionata nel “Red book”. L’UNESCO inserisce il “greco di Calabria” tra le lingue “gravemente in pericolo di estinzione”, ovvero ad uno step da quelle criticamente compromesse e quasi definitivamente estinte.
Perciò ben vengano le moderne applicazioni e tutto quello che è in grado di salvaguardare le diversità culturali, le minoranze linguistiche e, quindi, il grecanico affinché i giovani e le generazioni future non dimentichino mai quanto sia stato grande il sapere delle loro origini, patrimonio prezioso e imperdibile della lingua italiana e dell’Italia.