di Elena Grazia Fè – Coordinamento Sito Unesco di Modena
Dal 5 marzo al 5 giugno 64 opere inedite di Migliori saranno in mostra presso la Galleria Civica di Modena, che promuove e organizza l’esposizione “Lumen. Leoni e metope del Duomo di Modena” in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio, I Musei del Duomo e il Coordinamento del Sito Unesco, che acquisirà le fotografie includendole nella propria collezione permanente.
Nino Migliori (Bologna, 1926) sfoglia il “Libro di pietra”, a lume di candela, e ne narra la storia attraverso il suo obiettivo. La ricerca sul mezzo fotografico si intreccia con l’indagine storica e la riscoperta di un tipo di visione che abbiamo dimenticato. Il progetto fotografico consiste dunque nel porsi dal punto di vista di un viaggiatore o di un cittadino del passato, illuminare le sculture medievali del Duomo di Modena con la sola fiamma della candela e fissarne l’immagine di pietra vibrante e corrosa dal tempo.
Il Duomo di Modena, Patrimonio dell’Umanità dal 1997, è detto Libro di pietra perché attraverso la scultura racconta di un tempo, di una civiltà, delle sue paure e delle sue credenze, della sua vita quotidiana e della sua laboriosità, del suo rapporto con l’arte del passato e dell’affermarsi di un nuovo linguaggio compositivo. Questa mostra e questa ricerca, che ripete la precedente esperienza di Migliori a Parma, con la serie fotografica rappresentante le sculture di Antelami, diviene allora il modo migliore per trasmettere il valore universale che l’Unesco ha riconosciuto al complesso monumentale modenese, che comprende Cattedrale, Torre Civica e Piazza Grande. Il riconoscimento di un sito come Patrimonio Mondiale non significa infatti porre semplicemente particolare attenzione alla tutela di un luogo, ma intende garantire la trasmissione di un messaggio alle generazioni presenti e future, comunicare il contenuto a cui artisti e cittadini del passato hanno dato forma all’uomo di oggi, attraverso un linguaggio comprensibile e creativo.
L’originalità del processo creativo, appunto, si fonda nell’opera di Migliori su uno studio attento del mezzo visivo e della suggestiva fonte di luce scelta, la fiamma della candela, ma soprattutto su una conoscenza profonda della fotografia come strumento e come tema stesso dei propri scatti. La luce è infatti la vera protagonista di questi ritratti di pietra, dove i leoni stilofori che sorreggono possenti il pontile all’interno della cattedrale e le metope con esseri misteriosi appaiono come soggetti, come materia, come testimoni.
Lo spettatore moderno avrà quindi l’opportunità di guardare le stampe in bianco e nero dell’immagine che delle sculture romaniche poteva avere un uomo del loro tempo, ma è invitato a spingersi oltre, entrando in contatto, con nuovi occhi, direttamente con le opere lapidee. Il percorso espositivo coinvolge, insieme agli spazi del Palazzo Santa Margherita, il Lapidario dei Musei del Duomo, dove sono conservati i rilievi originali chiamati metope da Francesco Arcangeli, a cui verranno affiancate le loro raffigurazioni attuali, e può idealmente completarsi con la visita della cattedrale e dei leoni stilofori.
Migliori dona alla Galleria e a Modena un immaginario, una riflessione, una visione che da personale diviene collettiva quanto lo sono le opere scolpite. Leggendo le motivazioni con cui il sito modenese è stato incluso nella lista dell’Unesco, è chiaro infatti che l’eccezionalità è frutto, oltre che del genio creativo di Lanfranco e Wiligelmo, della condivisione dei valori che sono rappresentati sulla pietra da parte di una civiltà, quella comunale, che si esprime nella continuità di un cantiere, nella devozione al proprio santo, nelle regole e nei moniti che si impone e nella propria visione del mondo esterno.
Le figure misteriose e mostruose scolpite nel XII secolo dal Maestro delle Metope sono proprio la rappresentazione dell’altro da sé, di qualcosa di lontano, sconosciuto e inafferrabile per la mente dell’uomo medievale. Come le difformità e gli atteggiamenti stravaganti e acrobatici sono distanti dal vivere comune, così le lastre scolpite sono collocate lontane dalle altre storie pietrificate, se è vero che la loro originaria posizione fu quella oggi occupata dalle copie realizzate nel 1950 da Boccolari, quando le metope sono state per motivi conservativi rimosse dai salienti dei diaframmi laterali. Il libro di pietra diviene così una sorta di mappa del mondo, conosciuto e percepito, sospettato e temuto, tangibile e invisibile.