di Antonio Capitano – Si deve all’opera di Aldo Mancini, “Luce su Villa Adriana. Identità e Forma” – Aracne Editrice 2016, una sistematica e analitica ricognizione contenutistica della Villa.
Il volume è davvero uno strumento di notevole portata multidisciplinare poiché l’autore non solo è capace di descrivere il sito dal punto di vista architettonico, ma trova spazio anche per necessari inserti “poetici” incastonati con saggezza nelle dettagliate annotazioni che consentono di ritrovare il vero senso del luogo. Si tratta di uno di quei libri la cui recensione potrebbe tralasciare qualcosa di importante stante la miriade di informazioni tutte di primaria rilevanza.
La magnificenza del complesso residenziale con la sua perfezione e autosufficienza è infatti esempio unico che, come è noto, oltre ad ispirare la letteratura da Nobel, continua ad appassionare con nuove scoperte, anche recenti, studiosi e amanti di questa unicità ancora tutta da scoprire o semplicemente da conoscere più da vicino.
Mancini è capace di condurci all’interno della Villa (più volte offesa e maltrattata dal cemento selvaggio e da discariche “fuori luogo”) attraverso il rispetto delle rovine considerate al pari di “persone” che hanno tanto da raccontare e quel racconto non è altro che l’essenza della memoria; quella che si perde se non ci sono altre persone in grado di raccogliere il “respiro” celato in ogni pietra.
Le pagine corredate da mirabili disegni realizzati dall’autore sono il frutto di un lavoro decennale e si avverte tutto l’impegno e la passione senza le quali non sarebbe possibile la trasmissione emozionale contenuta nell’opera.
Siamo di fronte ad una sorta di documentario visivo con la voce narrante dell’autore pronta a sottolineare l’inquadratura di ciascuna scena composta da queste rovine un tempo edifici dai nomi così evocativi e già in grado di far viaggiare al solo pronunciamento di luoghi quali: il Canopo, Il Teatro Marittimo, La Piazza d’Oro.
“… ho fatto copiare per la mia Villa l’Ermafrodito e il Centauro, la Niobide e la Venere, ansioso di vivere il più possibile fra queste melodie della forma. Ho secondato le esperienze con il passato, l’arcaismo sapiente che ritrova il senso di intenzioni e di tecniche perdute.” (Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano) “
Scorrendo il testo di ben quattrocentocinquantasei pagine anche coloro che credono di conoscere bene il sito troveranno informazioni inedite poichè l’autore non si è fermato a dettagliare l’esistente , ma anche indagato le ragioni e il contesto dell’epoca con un costante laboratorio sperimentale tale da produrre concreti risultati.
L’opera colpisce, dunque, anche per l’analitica metodologia cartesiana che rende il lavoro ordinato, ponendosi come sicuro punto di riferimento per gli studi successivi.
Mancini ci ricorda che lo spirito innovatore ed eclettico di Adriano è alla base delle ardite, per l’epoca, sperimentazioni urbanistiche e architettoniche di Villa Adriana, organiche e barocche, decisamente lungimiranti.
Si potrebbe parlare di una vera e propria lezione di urbanistica sostenibile quando l’autore evidenzia che: “La Villa non violenta ma si adatta alla natura del luogo, quasi fondendosi con essa, facendo tesoro dei rilievi , delle valli, delle vedute, sprofondando in essa con i ninfei…Una volta decifrato Villa Adriana è un libro aperto di straordinaria chiarezza, derivante dal rispetto rigoroso in ogni parte del programma urbanistico. Questo rispetto esprime sia la componente razionale della Villa che quella poetica“.
Poesia che si ritrova in tutti i suoi elementi distintivi: la Villa è la sede naturale di pensieri creativi tendenti all’apologia della bellezza. Sia la penna fantasiosa della Yourcenar sia il conseguente adattamento teatrale di Albertazzi nei panni “memorabili” di Adriano risentono di questa collocazione della Villa dal punto di vista territoriale, ma soprattutto di coloro che riecono ad attraversare il luogo con animo sensibile.
Aldo Mancini al riguardo ci ricorda che “La Villa seguiva il sole dall’alba al tramonto e in questo è possibile vedere la rappresentazione cosmica del mondo allora conosciuto“.
Al pari della Villa, l’opera di Mancini dona una nuova luce e in ogni sua riga, frutto di costanza e tenacia, il luogo giunge a noi più chiaro che mai e questo grazie anche ad un Imperatore illuminato che ha saputo, con la sua concreta immaginazione, realizzare una meraviglia che ancora oggi ci lascia senza parole e nel contempo ci immerge in un paradiso terreno.
All’interno di Villa Adriana, infatti, non esiste un tempo; tutto sembra essere sospeso perché siamo noi a dare un senso alle rovine che non sono altro che punti di riferimento “viventi” per un tempo da ritrovare.