Un territorio mantiene sempre traccia dei segni della storia di chi lo ha vissuto, anche dopo secoli d’oblio, e la lettura di questi segni è il fondamento della conoscenza e dell’identità di chi quel territorio lo vive oggi. E’ il caso della antica città di Porto, i cui resti sono raggiungibili imboccando la via Portuense in direzione di Fiumicino, che si sviluppò in conseguenza della creazione dei bacini portuali di Claudio e Traiano in prossimità di Roma, concepiti per risolvere l’annoso problema – tale già dalla fine dell’età repubblicana – dell’approvvigionamento del grano.
La popolazione locale, imparando a conoscere e ad amare la propria storia, diventa parte attiva nell’opera di conservazione e tutela del proprio patrimonio mentre i turisti, che oltre al piacere di una vacanza romana, possono cominciare a vivere l’esperienza di un viaggio nell’antichità appena scesi dall’aereo, a pochi chilometri da Fiumicino. Qui si apre l’ingresso al parco archeologico di Portus, confluito per la sua straordinaria importanza nel nuovo Parco Archeologico di Ostia Antica.
A questo splendido sito archeologico – 65 ettari di storia e natura che raccontano a chi ne varca l’accesso uno degli aspetti più vitali e sorprendenti della città di Roma, il commercio via mare e via fiume, e la cui valorizzazione è dovuta alla proficua collaborazione di tante realtà pubbliche e private qui tutte rappresentate e coordinate dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’Area Archeologica centrale di Roma e dal Parco Archeologico di Ostia Antica – è dedicato il nuovo numero di Forma Urbis, mensile tecnico scientifico, che accompagna i lettori alla scoperta del Parco e del suo museo.
Portus nacque perché il porto fluviale di Ostia (la “porta d’accesso” a Roma dal Tevere) era da tempo divenuto insufficiente a soddisfare da solo le esigenze dell’Urbe, sempre più ingenti; il porto di Pozzuoli, invece, approdo del grano egiziano, si trovava troppo distante dalla capitale per garantire l’arrivo dei rifornimenti durante i mesi invernali, quando i trasporti si facevano molto più difficoltosi.
Portus doveva, pertanto, consentire il collegamento prima alla città di Ostia, poi alla megalopoli, terminando nel porto di Testaccio (Emporium) e assicurando il nutrimento alla città. Nel 42 d.C., dunque, l’imperatore Claudio si era risolto – nonostante il parere sfavorevole dei tecnici (Cassio Dione, Hist. Rom., 60,11) – a realizzare un porto circa 2 miglia a nord della foce del Tevere, utilizzato come via d’acqua per il trasporto delle merci. Il bacino portuale fu realizzato con un grande sbancamento sulla terraferma e innalzando in mare il faro e due moli; fu poi collegato al Tevere mediante alcuni canali o fossae che dovevano servire anche a ridurre il pericolo di inondazioni per Roma in caso di piena del fiume e a contenere il fenomeno dell’interramento del bacino. I lavori, interrotti nel 46 d.C., furono completati probabilmente da Nerone nel 64. In prossimità del complesso, noto come Portus Augusti Ostiensis o Portus Ostiensis, si sviluppò un piccolo insediamento abitato dagli addetti ai servizi e all’amministrazione del sito commerciale e anche da imprenditori. Il porto di Claudio non dovette comunque risultare troppo sicuro costruito com’era presso la foce di un fiume (e quindi contro i precetti del celebre architetto Marco Vitruvio Pollione, autore tra il 29 e il 23 a.C. del trattato De Architectura), e soggetto al fenomeno dell’insabbiamento, tanto da indurre l’imperatore Traiano a progettare una ristrutturazione dell’intero impianto, completando l’opera precedente con la costruzione di un secondo porto interno, e quindi più riparato, di forma esagonale (ritenuta dai progettisti la foggia più sicura dal punto di vista strutturale e senza dubbio la più idonea allo svolgimento contemporaneo delle operazioni di attracco delle navi, carico/scarico e trasporto delle merci), che fu completato probabilmente intorno al 112. Il nuovo bacino era collegato al porto di Claudio mediante un canale al cui imbocco fu eretto un nuovo faro.
Per ridurre il pericolo di interramenti, il canale di comunicazione con il Tevere, la Fossa Traiana (odierno canale di Fiumicino), che sfruttava probabilmente parte delle precedenti canalizzazioni, fu scavato all’esterno del porto esagonale, al quale si raccordava tramite un canale trasversale. Il collegamento con Roma era inoltre garantito dalla via Portuense. Un piano urbanistico unitario, influenzato dalla forma del bacino, fu alla base della ripartizione degli impianti portuali e dei vari edifici, che probabilmente inglobarono parte delle costruzioni precedenti. La nuova struttura, porto fluviale di Roma ma anche magazzino della capitale, prese il nome di Portus Traiani, mentre l’insieme dei due porti era ricordato come portus uterque o Portus Augusti et Traiani, ma già alla fine del II sec. d.C. la città era nota solo come Portus.
Lo scalo marittimo, che soprattutto sotto Settimio Severo fu oggetto di numerosi interventi edilizi, acquisì un’importanza sempre maggiore, pur continuando a dipendere per diverse funzioni sia da Ostia sia da Roma fino al IV sec. d.C. quando con Costantino (nel 313 o 314) Porto ottenne piena autonomia e prese il nome di civitas Flavia Costantiniana Portuensis (o più comunemente Portus Romae o Portus Urbi). Sempre nello stesso periodo, la città, sede di una fiorente comunità cristiana, divenne diocesi e fu probabilmente cinta da mura, più volte restaurate. Nel 408 Porto fu saccheggiata dai Goti di Alarico (che nel 410 distrussero la stessa Roma) ma, nonostante i gravi danni subiti, nel 425 fu costruita la Porticus Placidiana, un portico disposto lungo la sponda destra della Fossa Traiana, dedicato a Placidia, sorella di Onorio e madre dell’imperatore Valentiniano III. Anche alle nuove distruzioni operate dai Vandali di Genserico nel 455 seguì una fase di ripresa con la ricostruzione e il restauro degli impianti portuali, ormai limitati al solo bacino di Traiano.
Dopo le guerre gotiche (535-553), durante le quali la città fu alternativamente base di operazioni militari per le truppe imperiali (comandate da Belisario prima e da Narsete poi) e per i Goti (di Vitige nel 536, di Totila nel 545 e nel 549), Porto decadde progressivamente ma restano le sue antiche vestigia, che ci raccontano un aspetto della storia della civiltà romana che i più ignorano.
Fonte: Forma Urbis/MiBACT