Le problematiche sull’applicazione dei vincoli di tutela dei siti UNESCO tornano spesso all’attenzione dei tecnici e dell’opinione pubblica. In particolar modo sono oggetto di riflessione le prassi attuative che si riscontrano nell’osservanza dei trattati internazionali in materia di tutela del paesaggio e le pianificazioni paesaggistiche territoriali. Le regole ed i vincoli esistenti sono davvero sufficienti a preservare il nostro ricco e prezioso patrimonio?
Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n.22 dello scorso 11 febbraio, ha indicato che nel nostro ordinamento i siti UNESCO non godono di una tutela a sé stante e che non vi è necessità alcuna perché questa si realizzi ex lege. A causa della loro notevole diversità tipologica, infatti, essi beneficiano delle forme di protezione differenziate apprestate ai beni culturali e paesaggistici, secondo le loro specifiche caratteristiche.
La necessità di giudizio era nata da un caso sollevato a Napoli (per sapere di più leggi la sentenza completa).
La Corte ha osservato che per i beni paesaggistici il sistema vigente, che si prefigge dichiaratamente l’osservanza dei trattati internazionali in materia, appresta anzitutto una tutela di fonte provvedimentale, laddove essi rientrino nelle categorie individuate dall’art. 136, comma 1, del codice, tra cui vi sono, appunto, i centri e i nuclei storici e le bellezze panoramiche o belvedere da cui si goda lo spettacolo di quelle bellezze. Questi beni possono poi essere oggetto di apposizione di vincolo in sede di pianificazione paesaggistica. E’ infatti previsto che «Per ciascun ambito i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate», tra l’altro, «alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO».
“I siti Unesco, infine, sono assoggettati alla tutela di fonte legale di cui all’art. 142, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, se e nella misura in cui siano riconducibili alle relative categorie tipologiche.
In presenza di un così articolato sistema di tutela (con effetti peraltro diversi quanto a decorrenza del vincolo, sede delle prescrizioni d’uso, derogabilità e trattamento sanzionatorio), la soluzione invocata dal rimettente non appare in alcun modo costituzionalmente necessitata, essendo riservata al legislatore la valutazione dell’opportunità di una più cogente e specifica protezione dei siti in questione e delle sue modalità di articolazione.”.