di Vincenzo Santoro, Responsabile Cultura Anci – La Conferenza nazionale dell’impresa culturale, che si è tenuta nel capoluogo abruzzese il 5 luglio scorso, è stata un importante momento di confronto fra gli operatori del settore. L’evento, molto partecipato, ha fin dal titolo –La cultura fa impresa– affermato la tesi per cui pratiche di gestione dei beni culturali (intesi nell’accezione più ampia del termine) che siano basate sul principio della “progettazione integrata” e che diano – sempre nel rispetto della tutela e conservazione dei beni – maggiore ruolo e protagonismo alla società civile e al privato (“sociale” e non) possano ottenere risultati significativi in termini di fruibilità dei beni per i cittadini e per i turisti e di ricadute economiche, dirette e indirette, per il territorio.
Questo assunto è stato analizzato dai numerosi relatori sia in termini teorici (in particolare nella densa relazione introduttiva del Direttore di Federculture, Claudio Bocci, così ricca di preziosi dati sul peso del settore culturale nell’economia italiana e di indicazioni programmatiche) sia attraverso l’illustrazione di sperimentazioni di successo, alcune delle quali meritoriamente selezionate dal Premio Cultura di gestione, che, pur con tutte le difficoltà del caso, sono state in grado di produrre dei risultati di grande rilevanza anche in aree periferiche e complesse del nostro Paese. Tra le eccellenze premiate spicca, in particolare, la Fondazione Aquileia segnalata quale ‘modello innovativo di governance del patrimonio culturale e strumento ottimale per la corretta valorizzazione di un sito archeologico complesso e unico esempio di fondazione pubblico-privata preposta alla gestione e valorizzazione di aree archeologiche conferite dal Ministero’
In molte occasioni al centro di queste esperienze positive ci sono i Comuni, che riescono a costruire processi virtuosi di sviluppo locale, coinvolgendo le forze migliori del territorio: alcuni interventi presentati alla Conferenza dell’Aquila hanno dimostrato esempi emblematici in tal senso, che riguardano piccoli centri quanto grandi città.
Da questo punto di vista si può affermare che ormai, a livello territoriale, siano diffuse consapevolezza e larga condivisione delle tesi sostenute nell’iniziativa aquilana. Se posso citare un’esperienza personale, anche il significativo successo del recente Avviso Pubblico del Mibact “Progettazione per la Cultura”, che ho seguito per l’Anci nelle azioni di affiancamento e di sostegno ai Comuni, ha attestato quanto la pratica della “progettazione culturale integrata e partecipata” sia ormai ampiamente accettata come via maestra per valorizzare il patrimonio culturale, in particolare quello “minore” e diffuso.
Tale consapevolezza degli operatori e delle istituzioni territoriali non pare trovare però conforto – e questa è forse la principale criticità emersa a L’Aquila – nelle politiche degli enti nazionali e regionali, che solo in pochi casi sono stati in grado di mettere in campo, rispetto a simili processi di sviluppo, strategie di sostegno adeguate ed efficaci.
Emblematiche in tal senso le difficoltà che sta incontrando l’attuazione della più importante misura a favore dell’“Industria culturale e creativa” degli ultimi anni, quella contenuta nel Programma Operativo Nazionale “Cultura e Sviluppo” FESR 2014-2020, i cui 114 milioni di dotazione finanziaria per i bandi di “Cultura Crea” sono stati finora utilizzati pochissimo (meno del 10% delle risorse finora impegnate), anche a causa dei meccanismi, forse non del tutto adeguati, previsti per l’accesso ai bandi.
Ulteriori criticità sono emerse dai diversi esempi recenti di beni pubblici messi in disponibilità del privato sociale per progetti di valorizzazione, che rischiano di non essere praticabili in assenza di un sostegno economico per le opere di restauro e di ristrutturazione necessarie e per l’avvio della gestione (sul modello, ad esempio, degli ottimi bandi della “Fondazione con il Sud”). Viceversa, a livello regionale, non può sfuggire come gran parte degli Avvisi pubblici promossi nell’ambito della nuova programmazione dei fondi europei abbiano al centro, sempre e comunque, il tema del recupero delle strutture storiche, dunque dei “contenitori”, ancora una volta senza una strategia territoriale coordinata e soprattutto senza che sia chiaro come poi queste strutture dovranno essere gestite per la pubblica fruizione.
Per riuscire dunque ad esprimere tutto il suo notevole potenziale, questa sorta di “coalizione per la Cultura” riunitasi a L’Aquila dovrebbe forse riuscire a sviluppare una maggiore capacità di interlocuzione attiva con i decisori politici, soprattutto per quanto riguarda, come già detto, la messa in campo di strategie in grado di creare le condizioni migliori perché le “buone pratiche” possano diventare non le eccezioni sorprendenti da presentare ai convegni, ma le più diffuse modalità di gestione dei beni e delle attività culturali.