Si apre il 2 luglio al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia la mostra “Volti di Palmira ad Aquileia” la prima dedicata in Europa alla città dopo le distruzioni recentemente perpetrate. Un’altra tappa, dal fortissimo valore simbolico, di quel percorso dell’“Archeologia ferita”, che la Fondazione Aquileia ha intrapreso nel 2015, in collaborazione con il Polo museale del Friuli Venezia Giulia, con la mostra dei tesori del Bardo di Tunisi per dare conto di quanto accade ormai da anni nei Paesi teatro di distruzioni e violenze operate dal terrorismo fondamentalista, mostrando al pubblico opere provenienti da quei siti.
Guerre e devastazioni naturali hanno distrutto, a volte cancellato, le architetture, l’arte e i manufatti artistici delle popolazioni mondiali di ogni tempo. Brucia ancora la memoria dei bombardamenti della seconda guerra mondiale che hanno inflitto ferite profonde all’architettura e all’arte del nostro Paese e di tutta l’Europa. Ma mai si era visto, mai si era assistito, in tempi recenti, al sistematico tentativo di annientare l’altro, attraverso la distruzione della sua cultura, del suo patrimonio, delle vestigia più lontane e profonde che ci han reso ciò che siamo e che pensiamo, nel tentativo di attuare una “pulizia culturale”, come la definisce Irina Bokova, direttore generale dell’Unesco, specchio delle peggiori pulizie etniche. Ancora scorrono vivide le immagini della furia iconoclasta perpetrata a Palmira, ancora ci commuove e indigna l’atroce fine di Khaled al-Asaad, il direttore generale delle antichità dell’antica città siriana, barbaramente decapitato il 18 agosto 2015 per essersi rifiutato di lasciare la città e collaborare con i terroristi.
L’esposizione, a cura di Marta Novello e Cristiano Tiussi – nata dalla collaborazione tra laFondazione Aquileia e il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia-Museo Archeologico Nazionale di Aquileia grazie ai prestiti concessi dal Terra Sancta Museum di Gerusalemme,dai Musei Vaticani, dai Musei Capitolini, dal Museo delle Civiltà-Collezioni di Arte Orientale “Giuseppe Tucci”, dal Museo di Scultura Antica “Giovanni Barracco”, dal Civico Museo Archeologico di Milano e da una collezione privata – raccoglie sedici pezzi originari di Palmira – alcuni dei quali riuniti per la prima volta dopo la loro dispersione nelle collezioni occidentali– e otto da Aquileia che vogliono dimostrare, pur nella distanza geografica e stilistico-formale, il medesimo sostrato culturale che accomuna le due città, mediante l’utilizzo di modelli autorappresentativi e formule iconografiche affini. L’esposizione costituirà, inoltre, l’occasione per restaurare i reperti concessi in prestito dalla Custodia di Terra Sancta, con un intervento finanziato e coordinato dal Polo museale del Friuli Venezia Giulia, che, alla conclusone della mostra, consentirà di restituire i rilievi pronti per la loro esposizione nel nuovo allestimento del Terra Sancta Museum.
Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini ha commentato, durante la conferenza stampa di presentazione della mostra: “E’ un’iniziativa in linea con la politica internazionale dell’Italia per la difesa del patrimonio culturale in aree di crisi e rinnova in questo straordinario sito archeologico – dopo le mostre sul Bardo di Tunisi e sui tesori dell’antica Persia- l’attenzione verso l’arte ferita. Una sensibilità condivisa dai vertici della Fondazione e della Regione Friuli Venezia Giulia, insieme a cui il MiBACT sostiene il progetto che è pienamente in linea con la politica proposta in ambito internazionale dall’Italia. Dalla Dichiarazione di Milano dei ministri della cultura di 83 paesi presenti a Expo nel 2015 alla costituzione della task force Unite4Heritage in ambito Unesco, dalla risoluzione Onu 2437/17 al G7 della Cultura di Firenze di marzo, il nostro Paese ha sempre portato avanti con coerenza la priorità della tutela del patrimonio culturale mondiale in aree di crisi, arrivando a costruire un ampio consenso internazionale sul tema grazie alla leadership che ci viene riconosciuta. Un ruolo costruito negli anni attraverso l’opera dei nostri tecnici e restauratori in diversi Paesi e l’aiuto fornito dai nostri istituti, come avvenuto con il restauro di due busti provenienti proprio da Palmira effettuato dall’ISCR concluso lo scorso febbraio”.