Dall’iconoclastia medioevale a quella contemporanea, ”strisciante e silenziosa”, del mercato dell’arte, dalla negazione delle pitture rupestri di Altamura alla furia fondamentalista dell’Isis fino al ‘saccheggio’ del patrimonio nazionale, il linguaggio delle immagini sembra avere da sempre molti nemici e Simona Maggiorelli li individua, li smaschera e li racconta nel suo libro, appena pubblicato dall’editrice Asino d’oro (nella collana Le Gerle).
Intitolato ‘Attacco all’arte. La bellezza negata’, il saggio presenta il punto di vista di studiosi, storici e critici d’arte, addetti ai lavori, che la giornalista ha incontrato e intervistato negli oltre vent’anni di lavoro ed impegno. Un libro che, scrive nella prefazione Tomaso Montanari, è una sorta di ”antidoto efficace al veleno dell’interessato disimpegno imperante” e che parte da interessanti presupposti per offrire ”nessi arditi”, ma proprio per questo capaci di tenere aperta la discussione critica. Suddiviso in quattro capitoli, il volume vuole essere un viaggio attraverso le epoche, in difesa di quell’arte troppo spesso negata o svuotata di senso. Quando non attaccata con furia devastatrice.
”Il linguaggio silenzioso delle immagini – scrive la Maggiorelli – è sempre stato guardato con sospetto nella storia occidentale. E in ogni caso considerato inferiore, rispetto a quello cosciente e articolato che si esprime attraverso la parola”. Non sono infatti bastati millenni di sublime produzione artistica a cambiare, secondo l’autrice, un presupposto che vede primeggiare su tutto, sin dalla notte dei tempi, il linguaggio verbale o, al più, la scrittura. Ad affermarlo è prima di tutto ”la storia della filosofia e i tre monoteismi”, come testimoniano gli attacchi ripetutisi nei secoli per motivi ideologici e religiosi al linguaggio delle immagini.
”Religione e ragione sembrano essere sempre andate perfettamente all’unisono nel condannare la realtà umana non cosciente, la capacità di immaginare che si esprime nei sogni, nel denigrare e cercare di controllare la fantasia degli artisti che parlano attraverso un linguaggio non razionale, di forme e colori”. Ecco dunque, che ciascun capitolo sviscera dei fenomeni emblematici: l’arte rupestre del paleolitico a lungo giudicata un falso, le distruzioni dell’Isis, l’eclisse dei beni artistici culturali in Italia e della loro tutela costituzionale, l’arte contemporanea ridotta a merce finanziaria. Lungo epoche lontane fra loro, Simona Maggiorelli indaga, attraverso la voce di autorevoli critici e intellettuali, gli episodi nella storia dell’uomo in cui questo attacco è stato particolarmente virulento.
Sulle origini dei graffiti nelle caverne preistoriche e sulla fantasia negata delle loro antichissime autrici, intervengono studiosi come Jean Clottes, Ian Tattersall, Cavalli Sforza, Telmo Pievani. Paolo Matthiae, Francesco D’Agostino, Maria Bettetini, Paolo Brusasco, Silvia Ronchey, invece, sono chiamati a confrontarsi sull’iconoclastia wahabita dell’Isis, simbolo della millenaria ‘diffidenza’ verso le immagini che connota appunto tutti e tre i monoteismi.
Le conseguenze dell’attacco alla tradizione della tutela dei beni artistici e culturali (l’art. 9 della Costituzione), che secondo la giornalista è stata smantellata a partire dagli anni ’80, indistintamente da tutti i governi, sono quindi denunciate con il contributo di Salvatore Settis, Tomaso Montanari, Vezio De Lucia, Adriano La Regina, Massimo Bray.
Mentre, sulla crisi dell’arte contemporanea, l’ultimo capitolo propone una lettura pressoché inedita, quasi che si trattasse di una nuova forma di iconoclastia. Nella cosiddetta società delle immagini che contraddistingue l’epoca contemporanea sembra infatti, paradossalmente non trovare molto spazio una vera ricerca sulle immagini con un contenuto, che non siano cioè una riproduzione (banale) della realtà o appiattite su standard pubblicitari. Un “mainstream” egemone e trasversale, rintracciabile dal Pompidou, alla Tate, al Moma, e che più ha risentito della ‘finanziarizzazione’ dell’arte e dell’estetica del postmoderno. Il libro si conclude con un’ampia, sorprendente intervista allo psichiatra Massimo Fagioli (scomparso di recente) dal titolo ‘Alle origini dell’arte’.
Fonte: ANSA.IT