“La cultura è l’unico bene che, quando viene distribuito, aumenta di valore”, affermava il filosofo Hans-Georg Gadamer ed è da qui che partiamo per affrontare il viaggio del Patrimonio Culturale italiano nel mare vasto dei processi di accessibilità.
Utilizziamo, per dare un senso a questo passaggio, “Il patrimonio culturale per tutti. Fruibilità, riconoscibilità, accessibilità Proposte, interventi, itinerari per l’accoglienza ai beni storico-artistici e alle strutture turistiche” – quarto quaderno per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale realizzato dal MiBACT a cura di Gabriella Cetorelli e Manuel Guido nel 2017. Leggi il Quaderno >>
Nel primo capitolo del quaderno, la Cetorelli si rifà alla mission della Direzione Musei del MiBACT: coordinare, indirizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio culturale, di comunicare e trasmettere questo patrimonio, di interpretare le richieste di quanti ad esso si avvicinano, come pure di “ascoltare” le esigenze del pubblico e valutare quelle del “non pubblico”, vale a dire di quella fascia di popolazione più “lontana” dall’istituzione culturale, di cui risulta difficile intercettare i bisogni, le motivazioni e le aspettative.
Quindi, la riflessione sul tema dell’accessibilità ai luoghi della cultura va declinata in dimensioni molteplici, sulla base delle interazioni individuali e/o di contesto, che possono rappresentare un ostacolo alla fruizione. Si parla quindi di barriere tangibili, intangibili e digitali, o anche materiali e immateriali, o ancora fisiche, senso-percettive, cognitive, comportamentali, economiche, tecnologiche, etc. Bisogna considerare, al riguardo, che si tratta di concetti non assoluti, ma inerenti ad un processo volto al raggiungimento di diversi livelli di fruizione, per profili differenti di utenza.
Di fatto, un luogo della cultura deve essere innanzitutto accessibile dal punto di vista fisico, nel senso che deve essere raggiungibile senza eccessive difficoltà sotto il profilo logistico e non deve presentare ostacoli che ne rendano difficile o ne impediscano del tutto la fruizione.
In secondo luogo, un sito deve essere fruibile sotto il profilo sensoriale e cognitivo, ad esempio, attraverso la realizzazione di apparati informativi opportunamente predisposti e ad alto livello di comprensione. La mancanza di comunicazione in questo senso, specie per quei pubblici che ne manifestino, esplicitamente o implicitamente, una specifica esigenza, è ciò che oggi maggiormente allontana le persone dal considerare i luoghi della cultura come valida alternativa all’utilizzo del proprio tempo libero.
L’“inadeguatezza culturale” è, difatti, uno degli argomenti addotti dal “non pubblico” per spiegare le motivazioni per cui non si avvicina al patrimonio. Inoltre va considerata l’accessibilità digitale, volta ad integrare usabilità e piacevolezza per i destinatari, attraverso le infinite possibilità offerte dal web e dalla tecnologia, come dimostrano le esperienze internazionali, numerose sotto questo profilo, avviate, nel corso degli anni, specie in ambito statunitense ed europeo.
Alle parole della curatrice del Quaderno fa eco Pete Kercher, Ambasciatore EIDD – Design for all Europe – EIDD Abstract, che analizza nel terzo capitolo il rapporto fra design, accessibilità e inclusione.
Programmare, eseguire, portare a termine e valorizzare un progetto richiede sia metodo che una metodologia pratica, per tradurre la teoria in pratica. La metodologia per realizzare l’accessibilità o, meglio, l’inclusione è la progettazione, altrimenti detta ‘design’, un termine usato e abusato in molte lingue. In particolare il Design for All è design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza, e la pratica di Design for All fa uso cosciente dell’analisi dei bisogni e delle aspirazioni umane ed esige il coinvolgimento degli utenti finali in ogni fase del processo progettuale.
Kercher insiste sulla convenienza che sussiste nell’ imparare ad ascoltare questa diversità umana: in questo modo il progetto ha una probabilità maggiore di cogliere le aspirazioni che fanno la differenza tra la scelta o la rinuncia del luogo, prodotto, servizio o sistema. Dato che i progetti non sono privi di costo, un investitore saggio, che voglia vedere un ritorno ottimale per il suo investimento, fa bene ad ascoltare le aspirazioni del suo pubblico di riferimento e a reagire di conseguenza, rispetto al tipo di progetto che si intende mettere in cantiere e del settore di riferimento: privato o pubblico, di vendita di un prodotto o servizio o, per restare nel campo di riferimento di questo volume, di massimizzazione del parco utenza di un luogo, un prodotto, un servizio o un sistema di patrimonio culturale.
Molte delle buone prassi relative alla capacità di ascolto delle esigenze delle persone nel perseguimento dell’accessibilità vengono dai siti del Patrimonio Mondiale. Ma questa è un’altra storia.