Il 17 giugno si celebra la giornata mondiale contro la siccità e la desertificazione, istituita dall’ONU nel 1994 e largamente supportata dall’UNESCO nelle sue azioni di sensibilizzazione e promozione della salvaguardia del patrimonio naturale.
Almeno il 40% delle terre emerse del pianeta è minacciato dalla desertificazione. Ogni anno 12 milioni di ettari di terra fertile, cruciale anche per sfamare una popolazione che molto velocemente supererà i 9 miliardi di esseri umani, viene trasformata in deserto. Lo dice il Wwf in occasione della Giornata Mondiale della Siccità e Desertificazione. Ogni anno, come è stato confermato dal 2015, per l’Onu “Anno internazionale dei Suoli”, circa 24 miliardi di tonnellate di suolo fertile vengono perduti per fenomeni di erosione, e i suoli costituiscono la base per più del 90% della produzione alimentare mondiale. Il fenomeno della desertificazione, spiega l’associazione ambientalista, è dovuto soprattutto alla pressione umana sulla ricchezza dei suoli del pianeta ed è quindi fortemente connesso alla distruzione delle foreste e degli altri habitat naturali che proteggono i nostri suoli, alla cattiva gestione dei suoli stessi, alla modificazione dei cicli idrici e ovviamente ai cambiamenti climatici. Si stima che entro il 2030 la scarsità d’acqua obbligherà 700 milioni di persone a migrare.
Per l’Unep, spiega ancora il Wwf, il 40% dei conflitti umani è generato dalla competizione e dall’utilizzo delle risorse naturali, come appunto l’acqua. E’ inequivocabile che la distruzione degli ecosistemi, fra cui la deforestazione, eserciti un impatto negativo sulle condizioni di benessere, di sicurezza e di salute delle comunità locali, contribuendo sostanzialmente a favorire il fenomeno delle migrazioni. L’irrigazione per l’agricoltura utilizza a livello mondiale il 70% dell’uso umano dell’acqua sottratta ai fiumi, laghi e falde acquifere e si ritiene che la domanda di cibo continuerà a crescere fino a raggiungere un incremento di richiesta di acqua del 55% entro il 2050. Pur essendo la Terra un pianeta ricco di acque, solo l’1% è acqua dolce e quindi utilizzabile dall’uomo, distribuito tra fiumi, sorgenti, falde e laghi. Molti grandi serbatoi di acqua affondano le radici in grandi ecosistemi forestali come la foresta amazzonica, che con i suoi 100.000 km di corsi d’acqua custodisce e rigenera quasi il 20% dell’acqua dolce che si riversa nei nostri mari.
Un recente studio realizzato dall’università di Princeton, spiega ancora il Wwf, mette in correlazione la deforestazione in Amazzonia (a oggi abbiamo perso quasi un quinto della foresta e un altro quinto è stato degradato) con i fenomeni di siccità in California, mentre altre ricerche condotte dal Goddard Institute for Space Studies (GISS) della Nasa, uno dei centri di ricerca più autorevoli a livello mondiale sui cambiamenti climatici, indicano come la deforestazione dell’Amazzonia produca effetti sulle piogge in Nord America e nel resto del pianeta. Quando si distruggono le foreste e il loro importante ruolo nel ciclo dell’acqua e dei sistemi idrogeologici si rafforzano inevitabilmente la portata e l’intensità di fenomeni come alluvioni, dissesti idrogeologici, siccità e desertificazione. Si tratta una delicata catena che, se spezzata, produce quindi devastazioni con un effetto domino sia su cala locale (disastri ambientali) sia su scala globale (cambiamento climatico).
La situazione delle foreste non è migliore in Africa dove il recente dossier dell’UNEP (The economics of land degradation in Africa, Unep 2015) dimostra come un’area compresa tra un terzo e il 50% del continente sia interessato da fenomeni di desertificazione indotta dall’uomo. In Asia la situazione segue, verosimilmente, lo stesso paradigma. All’aumento della densità demografica e all’incalzante deforestazione consegue un correlato aumento delle catastrofi naturali come la siccità. E’ stato calcolato che, solo in questo continente, la siccità dal 1900 a oggi ha causato 9,6 milioni di vittime.
Fonte: AGI